VASCO PRATOLINI SUL GRANDE SCHERMO

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Una recente rassegna di film tratti da opere letterarie di Vasco Pratolini è l’occasione per raccontare in breve il rapporto del celebre romanziere con il cinema. Innanzitutto, ricordiamo tutti questi film, scorrendoli in ordine cronologico secondo l’anno di uscita nelle sale italiane.
“Cronache di poveri amanti” (1953) di Carlo Lizzani, con Antonella Lualdi, Marcello Mastroianni, Anna Maria Ferrero, Cosetta Greco, Giuliano Montaldo, Gabriele Tinti. Storia, o – per dirla come il titolo – “cronaca”, di amore, amicizia ed antifascismo negli anni Venti a Firenze, in quel di Via del Corno, presso Palazzo Vecchio. E’ uno dei migliori film di Lizzani, che ha trasposto l’omonimo romanzo di Pratolini solo sei anni dopo l’uscita dello stesso. L’adattamento cinematografico appare meno “privato” rispetto alla visione d’insieme del narratore, ma resta fedele sulle tematiche di base. Ottimi riscontri a Cannes, tanto da far preoccupare il governo democristiano che, è cosa risaputa, si adoperò affinché il film non conquistasse la Palma d’Oro.
“Le ragazze di Sanfrediano” (1954) di Valerio Zurlini, con Antonio Cifariello, Rossana Podestà, Giovanna Ralli, Marcella Mariani, Corinne Calvet, Giulia Rubini, Giuliano Montaldo. Un solo cenno personale, dedicato al mio compianto insegnante dei corsi di sceneggiatura dell’Associazione Nazionale Autori Cinematografici, Leo Benvenuti, che in questo film esordiva in quella che poi sarebbe diventata una lunga e fortunata carriera. Il film, come il romanzo omonimo da cui è tratto, racconta la storia sentimentale, complessa e scombinata, di un giovane meccanico fiorentino, Antonio Sernesi detto “Bob”, che fa il playboy con cinque ragazze del quartiere. Questa pellicola segna anche l’esordio, giudicato molto positivamente dalla critica, del regista Valerio Zurlini, uno dei più affezionati lettori di Pratolini. Molto buono anche il consenso del pubblico, per un’opera che non è certo di così facile ed accattivante richiamo “di cassetta”. Il successo cinematografico, del 1954, allunga quello letterario del romanzo di Pratolini, del 1952.
Sempre nel 1954, esce un film ad episodi, alquanto modesto a dir la verità, dal titolo “Tempi nostri (Zibaldone n. 2)”, firmato da Alessandro Blasetti, e composto da un soggetto originale e da otto racconti pubblicati da Marino Moretti, Alberto Moravia, Achille Campanile, Ercole Patti, D’Arzo Silvio, Giuseppe Marotta, Anton Germano Rossi, più “Mara” di Vasco Pratolini. Proprio quest’ultimo episodio risulta tra i due o tre più efficaci del film, e racconta la storia di una prostituta che, per amore, cambia la propria vita. Il fatto che l’episodio sia interpretato da Yves Montand e Daniéle Delorme, contribuisce al successo letterario oltralpe di Vasco Pratolini. Questo film è rintracciabile in videocassetta in una seconda versione, privata – fortunatamente – dei tre episodi più inutili e bersagliati (giustamente) dalla critica. “Mara” resta tra i più efficaci.
“Un eroe del nostro tempo” (1960) di Sergio Capogna, con Massimo Tonna, Marina Berti, Giulio Paradisi. Segna l’esordio alla regia di Capogna, che giunge piuttosto tardivo, oltre vent’anni dopo il diploma al Centro Sperimentale di Cinematografia. Inoltre, il regista non avrà un grande futuro, ed anche l’occasione di presentarsi al Festival di Venezia con quest’opera viene sprecata con uno dei film meno validi ed incisivi tratti dai romanzi di Pratolini. Il film racconta la storia di una drammatica passione tra una vedova di un fascista ucciso da un partigiano ed un ragazzo assai più giovane (oggi farebbe molto meno scandalo), e lascia talmente poco il segno a Venezia, che esce sugli schermi nazionali solo due anni dopo.
“Cronaca familiare” (1962) di Valerio Zurlini, con Marcello Mastroianni, Jacques Perrin, Salvo Randone, Sylvie, Valeria Ciangottini. Zurlini torna sul grande schermo con Pratolini, facendo segnare – con ogni probabilità – il punto più alto di tutti gli adattamenti cinematografici da romanzi dell’autore fiorentino, con la storia del tenero rapporto tra due fratelli – Enrico e Lorenzo – uno dei quali malato. E’ Enrico, giornalista, che alla morte del fratello minore compie un personale amarcord sulla vita trascorsa insieme a lui. Grande l’impatto visivo, grazie anche alla bellissima fotografia di Rotunno, ed emozionanti le dei protagonisti. Leone d’oro al Festival di Venezia. Critica unanime nel considerare questo film come uno dei capolavori della brillante carriera di Zurlini, fattosi apprezzare anche all’estero con “Cronaca familiare”, cosa che non gli era mai riuscita allo stesso modo.
“La costanza della ragione” (1965) di Pasquale Festa Campanile, con Catherine Deneuve, Samy Frey, Enrico Maria Salerno, Norma Bengell, Andrea Checchi, Sergio Tofano. Film girato da Festa Campanile, amico di Pratolini, solo due anni dopo l’uscita del romanzo; ne rispetta pienamente il testo che racconta la storia di un ragazzo di Firenze, Bruno, alla sua iniziazione amorosa e politica. Forse la pellicola, supinamente devota all’opera letteraria (che da solo non rappresenta sempre una qualità assoluta), resta appiattita e non porta spunti ulteriori. Non segna certamente uno dei punti più alti della carriera di Festa Campanile (più apprezzato in qualità di grande scrittore che non come regista), così come non risulta tra i migliori adattamenti per il grande schermo di Pratolini.
“Metello” (1970) di Mauro Bolognini, con Massimo Ranieri, Ottavia Piccolo, Lucia Bosé, Frank Wolff, Tina Aumont, Renzo Montagnani, Luigi Diberti. Adattamento cinematografico fedele (ma ben più efficace di quello appena citato) dell’omonimo romanzo di Pratolini del 1955, nel quale si racconta la storia del muratore Metello, ambientata nella Firenze d’inizio Novecento, che ama una donna (Viola), ne sposa un’altra (Ersilia), finendo con il tradire quest’ultima con Idina; il tutto sullo sfondo delle lotte politico-sindacali nel periodo della nascita del partito socialista. Ancora una volta il trinomio preferito da Pratolini: amore, politica e Firenze; tutti gli ingredienti sono molto ben mixati sia nel romanzo che nel film. Piuttosto forte il riscontro di critica e spettatori. La giovane Ottavia Piccolo ottiene riconoscimenti assai importanti, ed inattesa dal grande pubblico l’affermazione di Massimo Ranieri (fin lì conosciuto come grande protagonista canoro di “Canzonissima” e di “Sanremo”) che – di lì in poi – avrà un futuro importante da attore, soprattutto in teatro.
Vasco Pratolini, dallo stile narrativo semplice, nella sua cronaca realista della gente dei quartieri di Firenze, con i suoi sogni, le sue lotte, i tanti motivi per disperarsi ed i pochi appigli per continuare a sperare. Lo scrittore fiorentino vicino al popolo, al suo popolo, essendo egli nato a Firenze nel 1913, in una famiglia povera, con la sfortuna di aver perso la madre quando era ancora molto piccolo, e la necessità di lasciare gli studi (si formerà da solo con tante svariate letture) per intraprendere il lavoro in tipografia, uno dei tanti lavori da lui svolti. Inizia a scrivere di politica su “Il Bargello”, fino a che il grande Elio Vittorini lo aiuta a realizzare il sogno di diventare narratore, cominciando da racconti brevi pubblicati sulla rivista “Campo di Marte”. Divenuto poi il celebre scrittore che tutti conosciamo, il suo rapporto con il cinema non passa solo per la passione che tanti registi hanno messo nella trasposizione sul grande schermo di suoi libri, come fin qui ricordato; difatti, Pratolini è anche co-sceneggiatore, sia di talune delle pellicole citate, sia di altri film, tra i quali ricordiamo, in conclusione, alcuni titoli di assoluto prestigio: “Paisà” (regia di Roberto Rossellini), “Rocco e i suoi fratelli” (regia di Luchino Visconti) e “Le quattro giornate di Napoli” (regia di Nanni Loy).
Pratolini è scomparso nel gennaio del 1991, ed un amico del calibro di Mario Luzi, prima di lasciarci nel 2005, lamentava giustamente il fatto che non fosse ricordato a dovere. Ben vengano, quindi, anche rassegne cinematografiche in ricordo di scrittori del calibro di Vasco Pratolini.

(Franco Baccarini)

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