VIVERE NON È UN GIOCO DA RAGAZZI

DAL 15 MAGGIO IN PRIMA SERATA SU RAI 1

Eravamo presenti stamane in RAI alla presentazione di questa serie in tre prime serate, alla presenza del capostruttura di Rai Fiction, del rappresentante della co-produzione Picomedia, del regista Rolando Ravello, dello sceneggiatore Fabio Bonifacci e dei protagonisti, Stefano Fresi e Nicole Grimaudo. Assente giustificato Claudio Bisio, nelle vesti di un commissario molto particolare, meritevole di uno ‘spin-off’ come dichiarato da Ravello, e che si era tenuto libero per la scorsa settimana, ma essendo slittato questo appuntamento con la stampa all’ultimo momento utile (considerata la messa in onda già lunedì), Bisio è ora in Giordania, per una vacanza prenotata da tempo, e lo comprendiamo benissimo.

Lunghe ed interessanti le dichiarazioni dei protagonisti, a compensare la scarsissima presenza della stampa.

Veniamo subito alla sinossi.

Lele, 18 anni, bravo ragazzo di umili origini, frequenta il liceo con i figli dell’élite bolognese ed è innamorato di Serena, bellissima, intelligente e perfetta reginetta della scuola.

Invitato una sera in discoteca da Serena e dal suo gruppo di amici, Lele per fare colpo su di lei prende una pasticca di Mdma. Risucchiato nel mondo delle discoteche e della droga, Lele rimane però presto senza soldi e, per continuare a frequentare Serena, si ritrova a comprare le pasticche nel suo quartiere ed a rivenderle in discoteca al doppio del prezzo. Una sera vende una pasticca al suo amico Mirco, che viene trovato morto il giorno dopo proprio a causa della droga. Per Lele, corroso dai sensi di colpa perché convinto di essere l’assassino di Mirco, inizia un calvario che stravolge il rapporto con Pigi, suo migliore amico, con Serena e con i genitori. Anche il resto del gruppo, legato da un patto di omertà volto a custodire il segreto sull’uso di droghe, vive una profonda crisi che porta ciascun membro a fare i conti con la verità e con i propri fantasmi interiori.

Dopo molte vicissitudini, dolori e scoperte, Lele decide di liberarsi dal peso delle menzogne e dal senso di colpa. Perciò, confessa tutto prima al padre e poi al poliziotto Saguatti. La sua confessione scatenerà una sorta di ‘epidemia di verità’ che porta tutti i principali personaggi a fare i conti con i propri segreti.

Dichiarazioni del regista (che ben ricordiamo da attore), Rolando Ravello, che ha parlato moltissimo, fino a sorridere del suo lungo intervento, ma sempre degno di nota. Ci vorrebbe un enorme articolo a parte per riportare tutto, limitiamoci a quanto segue: “Sono padre di due figli, una femmina di 24 ed un bimbo di 6 anni. Con mia figlia adolescente ho scoperto un mondo completamente diverso da quello che frequentavo alla sua stessa età. Il nostro trasgredire era la canna, lo spinello, oggi ci sono le droghe chimiche, costano poco, ti sballano per tutta la notte, ma sono molto pericolose. Ed è inutile girarsi dall’altra parte, i nostri figli volenti o nolenti entrano in contatto con questa roba molto presto. È molto più diffusa e usata di quanto immaginiamo e purtroppo si infila in un problema sociale più largo: il rapporto tra adolescenti e genitori di questa generazione. Non è vero neanche un po’ che i ragazzi del 2020 sono fuori controllo o stupidi o vuoti o chissà che altro. Credo invece che manchi il tessuto familiare, con genitori pieni di sensi di colpa e un mondo teen, parola che detesto, che non ha più neanche quel barlume di ideali che ha salvato molto di noi a quella età. E proprio gli ideali, quelli sì, mancano per colpa nostra. La politica è diventata un’arena barbara senza differenze. Non hanno qualcosa con cui identificarsi di solido. Hanno invece i social, una piazza globale rischiosa e faticosa. Servirebbe una pacificazione, incontrarsi senza paura di confrontarsi. Riconoscersi. E tornare a fare il nostro mestiere di genitori abbandonando i sensi di colpa a cui questa società ci costringe. Che succede quando questa bomba esplode improvvisamente in un nucleo familiare? Questo abbiamo tentato di raccontare senza morale né retorica, analizzando cinque tipologie familiari. Che non fanno la Treccani, ma forse il manuale delle giovani marmotte sì. Questa società esiste, ci siamo dentro, la dobbiamo affrontare e capire. Tutti insieme. Si parla tanto, per evidenti motivi, di pace, di muri da superare, ma il muro più grosso ce lo troviamo in casa e crea ansia a ragazzi e genitori. Con il risultato che entrambi si chiudono in loro stessi campando alla giornata. Forse sarebbe bello guardarsi negli occhi e raccontarci”.

Dichiarazioni dello sceneggiatore, Fabio Bonifacci, che ha tenuto a precisare di aver lavorato per oltre cinque anni sul progetto: “La storia ha la forma di un sassolino che rotola e diventa valanga. Un gesto percepito come innocente da molti adolescenti – passare una pasticca ad un amico – spezza una giovane vita e un’altra resta schiacciata sotto il peso della colpa. Il dramma si allarga alle famiglie, agli amici e a tutto il piccolo mondo intorno, rivelando la coralità di un disagio che in qualche modo contagia tanti, tra i ragazzi ma anche tra gli adulti. Un grande tema è quello della responsabilità: il giovane Lele ha fatto una cosa orribile ma nessuno lo sa, quindi si trova di fronte a una scelta adulta, con grandi implicazioni etiche: è meglio pagare per le proprie colpe o tentare di nasconderle? È l’inizio di un gioco spietato, in cui Lele e il suo gruppo di amici si trovano stretti fra forze troppo grandi per loro: le indagini di un poliziotto ambiguo, le minacce di una banda criminale, le ansie delle famiglie, i tormenti della coscienza. Dallo scontro di queste forze nasce un gioco di mosse e contromosse, a volte scompigliato dal vento imprevedibile dell’adolescenza, che finirà per far uscire segreti e contraddizioni di tutti i personaggi, non solo i ragazzi. Nella storia sono coinvolti fin dall’inizio i genitori che, sotto la corazza da adulti, rivelano spesso fragilità non troppo diverse da quelle dei loro figli. Il filo conduttore è il tema molto attuale della droga ricreativa, quella ormai percepita come ‘quasi normale’. Ma il vero tema è quello della fuga da sé stessi e dalle proprie emozioni: la storia mostrerà che la droga è solo un mezzo, ma ce ne sono molti altri e chiunque può trovare il proprio. Fuga, colpa, responsabilità, segreti: sono i termini-chiave di una storia di formazione che dai giovani si allarga agli adulti, con la stessa domanda che incombe su tutti. Si può davvero fuggire da sé stessi? O per diventare grandi, a qualunque età, è necessario accettare la verità delle proprie azioni e delle proprie emozioni? La serie ha svolte e colpi di scena, ma sempre ispirate alla verità della vita quotidiana, nella speranza che possano riconoscersi molti figli e molti genitori. Magari – sognare non è vietato – anche per vederla insieme. Il tono è quello di un viaggio drammatico nel dolore e nella colpa, che però incrocia spesso la leggerezza dell’adolescenza e la naturale commedia della vita, con un finale aperto alla speranza: se non scappi da ciò che sei, se stai lì e affronti quel che devi, ce la puoi fare”.

Appuntamento a lunedì sera, in prima serata, su Rai 1. Anzi, a tal proposito, chiudiamo proprio con le sinossi dei due episodi che compongono questo primo appuntamento di lunedì.

Primo episodio: Lele è un bravo ragazzo, vive a Bologna in periferia ma va in un liceo del centro con i figli dei ricchi. Il padre artigiano è appena stato truffato da un imprenditore senza scrupoli e la paghetta di Lele è bassa. Ma è innamorato di Serena, che gli sfugge per un suo problema segreto. Per uscire con lei Lele sperimenta le droghe ed inizia a vendere una pasticca a settimana perché non ha i soldi per le serate. Ma una sera dà una ‘pasta’ all’amico Mirco che, successivamente, viene trovato morto.

Secondo episodio: Lele si sente un assassino (i sensi di colpa che in conferenza stampa sono stati sottolineati da Bonifacci, come un qualcosa con cui tutti nella vita facciamo i conti), vorrebbe confessare ma il suo amico del cuore Pigi, figlio di un penalista, lo convince a non farlo. Iniziano i tormenti della sua coscienza, uniti a pericoli più concreti: un poliziotto ambiguo sospetta di lui e vuole farlo confessare, gli spacciatori da cui ha comprato la pasticca minacciano di ucciderlo se parla. E due genitori già alle prese con mille guai vedono sparire il loro figlio in un tunnel di angosce di cui nulla è dato sapere.

(Franco Baccarini)

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